Primo: pensare #1



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È un periodo particolare. Ovunque ci sono autorevoli fonti che sentono la necessità di fare il punto della situazione. Di mettere per iscritto le “regole del design”. Cosa può voler significare? Perché urge la necessità di annotare, organizzare, stabilire? O si deve parlare di ri-annotare, ri-organizzare e ri-stabilire? Troppo spesso chi partecipa in prima persona e da qualche anno alle gioie e i dolori della professione ha ormai poco interesse per queste questioni e non rientrano più nel loro iter progettuale. Sicuramente trattasi di un periodo di riflessione nel mondo del design (a questo punto diviso tra professionisti attivi e professionisti semplici), dove si analizzano le fasi passate e si gettano le basi per il futuro della professione, con buona pace di quelli già arrivati e fermi a Neville Brody… Ora bisogna scegliere. Tu da che parte stai?

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Allestimento eco - friendly di thomas.matthews, veramente molto bello!

Se n’era già parlato nel caso di John Maeda, che con le sue leggi della semplicità aveva apportato un notevole contributo alla riflessione, ed al quale mi fa piacere aggiungere questovideo, e se ne parlerà anche in Italia dal 12 al 16 novembre. Fra qualche giorno ci sarà, infatti a Fabrica, un incontro e workshop (aperto solo su invito) con thomas.matthews, studio inglese molto attento alle questioni riguardanti ambiente e sostenibilità. Plaudiamo all’iniziativa, che non sarà l’unica perché Fabrica ha aperto un ciclo di attività incentrato su «Environmental, Social, Relational». Dalla spiegazione che troviamo sul sito, ho estrapolato queste due frasi che ritengo interessanti: “Environmental, social and relational themes are central to human ecology, an interdisciplinary field using holistic approaches in the search for harmony between people and their natural and created environment but mainly between people and their societies. 
Along these lines Fabrica wants to investigate, experiment, catalyze, document and disseminate how contemporary communication, design and artistic expression can contribute to helping people solve problems and enhance human potential, within near and far environments.” Tornando allo studio thomas.matthews, esse (trattasi di due donne) hanno pubblicato, si può scaricare un piccolo pdf dal loro sito, le 10 regole per la «messa in sostenibilià» del lavoro del Graphic designer. Il loro lavoro è tutto incentrato sull’uso (e il ri-uso) di materiali riciclati, a basso impatto e ecosostenibili, usando inchiostri «verdi» carte più semplici e poco trattate, spesso anche rinunciando a formati particolari che inducano gli stampatori a produrre nuovi impianti.

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I dieci punti secondo thomas.matthews
1) re - thinking (we step back and think before we dive in to find a different way to communicate our clients’need)
2) re - using
3) using friendly materials
4) saving energy (we reduce our client’s carbon footprint by using sustainable energy sources + We design to minimise energy demand)
5) sharing new ideas (we seek out and use new technologies and materials and collaborate whenever we can)
6) designing to last (we want to design things that last by specifying the right material for the job)
7) staying local, buying ethical (we work to find good local suppliers fot each job, to avoid the extra energy and polllution + When we can’t buy locally, we source ethical suppliers)
8) supporting what we believe (we work for clients who push agendas we care about: better recycling, fighting climate change, tackling hunger, raising money to make good things happen)
9) inspiring, and having fun (we want to create design that is beautiful, clever and sustainable all at once)
10) saving money (we demonstrate to our clients that thinking ‘sustainable’ can save resources and money)

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Quindi — a freddo — viene da chiedersi quale sia il ruolo di questa professione, dove stia il vero senso del contemporaneo, oggi? Se la ricerca apprezzabile di prodotti ad hoc e dall’impatto visivo vincente produce tanto squilibrio rispetto ad una progettazione veicolata (letteralmente: educata), è evidente che si crea una frattura tra correnti di pensiero. Negli anni 70-80 la corrente razionalista tirava gli ultimi lasciando spazio all’esplosione della personalità, della creatività da parte delle nuove correnti che si opponevano al grigiore e al «pallore» che rappresentava, tra gli altri, le vecchie generazioni da seppellire. Ma oggi, forse, sono loro a rappresentare una «tradizione» superata. Una tradizione che prevede troppe volte un approccio da «santone» del design, con dogmi inesplorabili frutto della loro innata capacità creativa. Anche se non bisogna dimenticare l’importanza che questo movimento ha per l’insegnamento di un mestiere che necessita di un qualcosa di innato per attivare un procedimento, diciamo, più «tecnico». Forse, anzi, sicuramente non ci si trovava di fronte ad una completa novità ma l’approccio sfrontato nei confronti delle nuove tecnologie e la nuova spinta a sperimentare ogni possibilità espressiva sono le eredità più forti lasciate da quel periodo storico. Oggi, questo processo progettuale va recuperato al fine di affrontare le problematiche contemporanee. Troppe volte negli annual e nelle riviste specializzate queste questioni non sono presenti e i progetti presentati sono soltanto grandiosi esercizi di stile, spesso il contrario esatto dei dieci punti di thomas.matthews o di Dieter Rams, (di quest’ultimo se ne parlerà nel post pt2)

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