Fightin’ with Japan!



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«cmykmade® on the sunniest side of the world» era il titolo originale di questo post. Dal lato dove sorge il sole, appunto. Voleva essere un resoconto di un viaggio di lavoro. Tra l’imperturbabile ed instancabile produttività degli asiatici e l’entusiasmo italico nel ritrovarcisi in mezzo e rendersi conto di poterne essere all’altezza, per poi mollare la spugna «con gran dignità».

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Invece una mattina ci svegliamo con la certezza di non essere poi tanto sicuri neanche entro le proprie mura, tra i propri affetti, e le «cose» accumulate a far araldo della nostra personalità a volte possono presentare una pericolosità inconsueta, quando franano per colpa di eventi a loro ed a noi immensamente superiori. Ho voluto dipingere questa stanza immaginaria, perché è così che l’ho immaginata la scossa da 8.9° richter che ieri (11.03.11) ha colpito il nord-est del Giappone, mentre leggevo le breaking news sull’iphone ancora disteso a letto. Oggi, alla luce degli eventi, oltre a ridimensionare – se mai ce ne fosse stato davvero bisogno – lo status dell’uomo su questo pianeta, emergono strani dati su quanto l’uomo non si trovi manco troppo a suo agio in questo ambiente. Dalle manìe nucleari, che – soltanto – perché in terra nipponica non stanno provocando danni veramente gravi (finora almeno soltanto quella di Fukushima ha ceduto) alle urbanizzazioni (città, porti) che non reggono – nè mai reggeranno – alle necessità della natura e che, probabilmente, in futuro saremo costretti a veder spazzate via con spiazzante regolarità (il terremoto cileno, haiti non sono tanto lontane e, soprattutto, sono sempre più potenti). Alla fine sono contento di vedere che gran parte delle costruzioni ha retto, soprattutto quelle più imponenti (solo a Tokyo ci saranno un migliaio di torri) – e critiche allo stesso tempo – segno, forse che erano e sono state costruite nel rispetto della società che è sinonimo di leggi, regole, persone, convivenza, civiltà, etc.

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Dal lato dove sorge il sole, instancabile e immutabile, su un pianeta incredibile nonostante gli indicibili soprusi perpetratigli freneticamente, mi sveglio sotto l’effetto di pastiglie guarisci-tutto con il “ricordo“ dalle giornate precedenti, passate tra il serio rischio di perdersi a causa di informazioni poco familiari per un occidentale, tra chi ha perso l’ultimo treno ed ha dormito in un capsule hotel e chi ha lavorato tutta la notte; tra chi continua instancabile a proporti serate lùbriche con squillo cinesi e tra malati di pachinko che hanno perso l’udito da anni. Tra lavoratori che si spengono al toccare il sedile riscaldato della Yamanote Line e si riaccendono al suono della loro fermata. Un mondo silenzioso che ti assorda con un panorama composto da ogni forma e colore, accatastato con un ritmo randomico perpetuo, senza senso di lettura apparente. Guardi queste facce, che a noi sono sempre sembrate enigmatiche, figlie di una cultura difficilissima da comprendere – immagina la fatica per chi deve lavorarci in profondità, a chi deve confrontarsi con le loro certezze, le loro tradizioni e l’imperturbabilità di una cultura millenaria – e cerchi di capire quali sono i loro interessi, le loro problematiche, ti domandi se il loro modo di reagire a problemi, emozioni o a qualsiasi dato del mondo esterno sia come il tuo. Che è prestabilito dalle architetture della tua cultura, diversa da ogni altra, complessa e zeppa di prefabbricati millenari su cui si posano le tue certezze e si oliano i tuoi comportamenti; quelle certezze matematiche che si mettono in moto per la risoluzione dei problemi e che non credi che mai possano essere messi in discussione, in quanto, pensi, «quelli sono» punto e basta. Invece per loro è diverso, almeno credo, così mi viene da pensare. Bisogna trovarcisi in mezzo per capire come puoi vivere con loro. Non c’è opportunità migliore di quella di vivere assieme a loro, nelle loro strade, nei loro ristoranti, nei loro treni, lavorare con loro nei loro uffici. Non basteranno pochi giorni per assimilare la loro cultura, ma basta, credetemi, per rendersi conto che non te ne vorresti mai andare. Qui, l’espressività segue regole diverse e riesce a produrre opere incredibili, che vivono con noi da decenni e che non riusciamo mai a comprendere, assimilare, nelle nostre vite e nel modo di fare. Peccato. Credo che soltanto cercando di capirli si possa acquistare una consapevolezza interiore enorme su quello che realmente si è e sulle possibilità che la diversità offre. L’impressione che mi sono fatto è che, in un reticolato di milioni di persone, ognuno è uno. Punto. Senza necessità di urlarlo o sopraffare il prossimo. Così è, e basta.

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Chiudo con le stesse parole del post su Olanda e Cina di un anno e mezzo fa: “Comunque… vi lasciamo, per il momento, con una serie di immagini di viaggi, da noi effettuati – principalmente per motivi di lavoro –, per ricordare a tutti che l’esperienza di vita, come insegnava Massimo Dolcini, è più importante delle esperienze di mero lavoro. E, ovviamente, invitiamo tutti quanti a spendere, quando possibile, le proprie energie e vacanze a rigenerare la mente, oltre che il fisico.” Le fotografie di questo post sono state scattate a Tokyo nell’ultima settimana di gennaio e a HongKong nelle prime due di febbraio. Cmykmade® è sempre in attività.

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